Introduzione alla Mistica coniugale

Introduzione alla Mistica coniugale


 

 

San Paolo ci ricorda che l’unione tra l’uomo e la donna è un grande mistero, poiché rimanda al mistero ancora più grande dell’unione fra Cristo e la Sua Chiesa (cfr. Ef. 5, 32). Da qui l’idea di dedicare uno spazio, nel nostro sito, all’approfondimento della spiritualità nuziale, fino a delineare l’orizzonte stesso di una mistica coniugale. Naturalmente lo faremo sulla base della nostra unione concreta, di me, Carlo, e di lei, Daniela, o di me, Daniela, e di lui, Carlo. Fin dall’inizio noi abbiamo pensato questo sito come il figlio che non abbiamo avuto insieme; questa rubrica ha l’ambizione di far vivere il nostro amore nella mente oltre che nel cuore, di scandagliarne la profondità, di delinearne il paesaggio, di costituirne una mappatura. Ciò sembra tanto più necessario in quanto le coordinate stesse dell’amore umano perdono di nettezza e di efficacia, e rimane spesso affidato al sentimento, per non dire alla sensazione, quello che regge la vita delle persone non solo in questo mondo, ma anche nell’altro. Noi possiamo testimoniare, sia durante il fidanzamento che durante i primi anni di matrimonio, che senza un impegno da parte nostra, e un’assistenza dal cielo, oggi noi non saremmo qui, perché mille volte i sentimenti e le sensazioni ci avrebbero portati a seguire ciascuno/a la sua strada. La forza del matrimonio consiste proprio in questo: nel tenere insieme due persone che senza di esso andrebbero ciascuna per suo conto. Non esistono due persone che la sola natura, indipendentemente dalla grazia e dalla loro volontà, possa tenere insieme per sempre e senza sforzo. Già la diversità sessuale costituisce di per sé una minaccia e una sfida; aggiungiamoci i differenti percorsi individuali, i condizionamenti familiari, le idiosincrasie personali, le idee, i gusti, le opinioni, le aspirazioni, le ambizioni, i desiderî, che non possono mai coincidere perfettamente, e che cosa abbiamo? Una probabilità di successo dello 0, … Che cosa ha fatto e fa sì, dunque, che io e Daniela, che Carlo ed io stiamo ancora insieme? E’ difficile dirlo. Di certo a poco a poco ci siamo abituati a cercare le ragioni della nostra unione molto più in profondità di quanto eravamo soliti fare all’inizio. Era come cercare l’acqua alla profondità necessaria: la trovavamo sempre, anche se ci costava molta fatica… Noi crediamo che vi siano delle unioni, evidentemente non destinate a durare, nelle quali non si riesce a trovare in alcun modo ciò che le giustifichi. Molto spesso fanno da surrogato a questo cemento inesistente le pulsioni sessuali, che proprio per questo andrebbero tenute a freno durante il fidanzamento. E’ così facile equivocare una buona intesa sessuale con un legame destinato a non spezzarsi mai! Noi possiamo testimoniare che niente sembrava destinato ad unirci, salvo una misteriosa e inesplicabile felicità nel pregare insieme, nel cercare insieme le occasioni di preghiera, nel commentare le preghiere fatte, nel coinvolgervi altri, nell’approfondirle, nell’estenderle, nell’intriderle sempre un po’ più di noi…

Dicevano i genitori di Santa Teresina di Lisieux che i matrimonî migliori sono quelli decisi in cielo: noi ci siamo affidati esattamente a questa sensazione quando abbiamo deciso di proseguire insieme, costasse quel che costasse. Abbiamo venduto tutto ciò che ci divideva e abbiamo comprato quell’unica cosa che ci univa: la fede, e la gioia di viverla insieme (cfr. Mt.13, 44). Non possiamo affermare che questa sia la regola universale, e neanche la principale, per effettuare un buon discernimento durante il fidanzamento e prima del matrimonio; è però molto semplice, e noi ci sentiamo di raccomandarla a chiunque. Si tratta di sapere da che cosa lasciarsi rapire, nell’altro/a: dalla simpatia, dalla bellezza, dalla ricchezza? O da ciò che ha un’eco così profonda in se stessi da non lasciarsi forse neanche nominare? Io la chiamerei appunto la prova dell’eco: in che modo ritornano a te le tue parole, i tuoi sguardi, le tue battute dopo aver attraversato l’altro/a? Si sono arricchiti di complice benevolenza, e ritornano a te come se tu li ricevessi per la prima volta da lui/lei, o ti vengono freddamente restituiti senza un commento? Poiché questo è il combustibile grazie al quale il vostro amore dovrà ardere per sempre, e cioè la sintonia, la complicità, la reciproca curiosità e la continua gratitudine, se vi ritrovate freddi davanti ad una persona fredda, per quanto forte sia il reciproco desiderio sessuale, sappiate che non siete destinati ad amarvi per sempre (e forse neanche per poco…). L’altra persona non è uno specchio, ma una fessura o uno spiraglio attraverso cui guardare nell’invisibile. I suoi mondi sconfinati sembrano esistere solo per te, come la porta del palazzo della legge nel racconto di Kafka. Se tu non vi penetrerai, Dio vi metterà un sigillo, e non permetterà ad altri di accedervi. Questa forse è la ragione per cui si parla di anima gemella: l’anima gemella è quella a cui è riservata la visione del proprio invisibile, e quella il cui invisibile ci è permesso di osservare. Il seduttore o la seduttrice dovranno accontentarsi del visibile della persona sedotta (se pure non si accontenteranno della loro propria immagine, da questa rinviata loro con ammirazione), senza mai poter accedere al suo invisibile, che oltre che a Dio ad uno/a solo/a è destinato.

Cristo ama la Chiesa perché ne conosce l’invisibile, e non Si stanca mai di percorrerlo con amore. Così noi amiamo in Cristo quello che solo a noi è concesso di vedere in Lui. Ogni vero amore è biunivoco e selettivo, costruisce esso stesso la sua strada, ed è contento solo quando è riuscito a sospingerla nell’infinito… La ragione più profonda di un amore umano è l’unicità dello sguardo che i due amanti riescono ad avere su Dio, dopo aver esplorato ciascuno/a l’invisibile dell’altro/a, ed aver verificato che questi due invisibili, insieme, costituiscono un unico invisibile, che è l’Invisibile stesso di Dio. In tal modo il loro amore è assicurato per sempre, perché non gli verrà mai meno ciò su cui si fonda, e cioè la comune visione dell’Invisibile divino. Naturalmente bisognerà tener presente l’invito di San Paolo a guardare sempre più all’invisibile e sempre meno al visibile (cfr. 2 Cor. 4, 18 ). Ognuno/a di noi è presente davanti all’altro/a con il suo peso, che a volte risulta faticoso da portare, con la sua storia, difficile da dimenticare, con i suoi desiderî, difficili da accontentare, con la sua personalità, che è così difficile da conciliare con quella dell’altro! Se ci limitassimo a questo, e cioè a ciò che è perfettamente visibile nell’altro/a, sul cui viso cominciano magari ad apparire delle rughe, allora a nessuno/a ci sentiremmo di raccomandare il matrimonio! Non ci si sposa per avere una spalla su cui piangere o una bilancia su cui pesarsi o un corpo a cui unirsi o un medico da cui lasciarsi curare (per quanto niente di tutto questo ne debba, o anche solo ne possa essere escluso): ci si sposa per fare insieme il cammino della vita. Quando due persone camminano insieme il loro sguardo non è diretto, se non accidentalmente, l’uno/a verso l’altro/a: essi guardano insieme alla strada che stanno percorrendo. Così è nel matrimonio, in cui a sorreggere il rapporto è ciò che lo guida e che lo attrae, da fuori e da lontano, non ciò che lo fissa e che lo stabilizza, da dentro e da vicino. Due sposi che non facessero che contemplarsi non potrebbero realizzare niente di veramente comune, così come un equipaggio che non finisse mai di lucidare la nave, senza mai metterla in mare, di che cosa sarebbe l’equipaggio? Molto spesso viene a mancare addirittura la comunicazione fra loro, sia che l’uno/a e l’altro/a siano immersi nei loro pensieri, sia che li occupi separatamente qualcosa nel paesaggio, sia che niente si offra ad una osservazione comune: non c’è da temere questo silenzio e questa assenza di comunicazione, non più di quanto vi sia da apprezzare il lungo colloquio di due compagni di viaggio sempre fermi.

Molto spesso, tornando alla situazione reale degli sposi, è sufficiente un cenno d’intesa, una fuggevole carezza, e la vita in comune può riprendere in perfetta armonia. Noi temiamo troppo il silenzio perché apprezziamo troppo poco la parola. Ogni contatto umano, e tanto più quello fra gli sposi, deve sapersi custodito, non minacciato dal non-detto, che è la fonte inesauribile di tutto ciò che si può dire. La parola, invece, che non ama scaturire dal silenzio, pur di dirsi, andrà in cerca di qualunque motivazione, anche la più superficiale e la meno fondata; ma niente avvelena tanto il dialogo tra gli sposi quanto la meccanicità e l’abitudinarietà. Diceva Nietzsche, credo giustamente, che il matrimonio, almeno in termini puramente umani, è fondato sul dialogo. Come a teatro, dunque, la qualità del dialogo fa la qualità del rapporto. Lo abbiamo già detto: non sempre è possibile dialogare; allora è meglio tacere. Naturalmente il silenzio che scaturirà dall’assenza di dialogo non deve essere come un fiume che individua due sponde, ma come due panchine vicine che individuano un panorama; si può essere vicini, si può essere insieme anche tacendo. In un matrimonio riuscito gli sposi mettono insieme il meglio di sé, poiché vogliono presentarsi all’altro/a nella luce migliore: e che cosa c’è di meglio da presentare all’altro/a di una interiorità libera e vuota, di un’attenzione sincera, di una dedizione provata? E che bisogno c’è di parlare, allora? Coltivare il silenzio è un impegno mistico che coinvolge anche gli sposi.

Qual è dunque, si chiederà, l’obiettivo che ci proponiamo con questa rubrica? Proviamo ad indicare alcuni punti:

1) indagare a profondità sempre maggiori l'essenza dell'amore umano così come esso si manifesta concretamente in noi, Carlo e Daniela;


2) fornire una piattaforma di discussione con tutte quelle coppie che siano impegnate in una ricerca in qualche modo simile;


3) acquisire l'immenso potenziale di conoscenza dell'amore umano in quanto simbolo dell'Amore divino;


4) Pubblicare testi e testimonianze di coppie di santi, di beati o di semplici confessori della fede, in quanto maestri di mistica coniugale;


5) riprendere e impiegare sistematicamente le intuizioni di San Giovanni Paolo II sull'amore umano;


6) vivere meglio il nostro amore;


7) aiutare altre coppie a vivere meglio il loro amore.


Che Dio vi e ci benedica, amen!

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Inseriamo quindi di seguito nostri testi letterari e poetici sull'argomento